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St Enrique de Ossó i Cervelló

Priest, founder of the Society of Teresa of Jesus - from Spain
Born on 16 October 1840 in Vinebre, Tarragona
Died on 27 January 1896 in Gilet, Valencia
Beatified on 14 October 1979 in St Peter's Sq & canonized on 16 June 1993 in Madrid by Pope St John Paul II.
Feast day - 27 January
Patron Saint of Catechists

St John Paul II's homily at the beatification of Enrique de Ossó i Cervelló
St Peter's Square, Sunday 14th October - also in French, Portuguese & Spanish

"Venerabili Fratelli e amati figli e figlie.
1. Questa mattina la Chiesa intona un canto di giubilo e di lode al Signore. È il canto della Madre che celebra la bontà e la misericordia divina, mentre proclama Beato un figlio insigne, che si è distinto per le eminenti virtù cristiane: il sacerdote Enrique de Ossó y Cervelló, gloria dell’amata Spagna, terra di Santi.

Per assistere alla glorificazione del nuovo Beato si sono riuniti in questa Basilica di San Pietro numerosi suoi compatrioti. Siate tutti benvenuti, i vescovi, i sacerdoti, religiosi e fedeli spagnoli qui presenti, come anche voi che venite da tutti quei luoghi dove si è irradiato il bene seminato dal Beato Enrique de Ossó, e dove è sorto con forza il giusto riconoscimento e l’apprezzamento per la sua persona e la sua opera.

Ma soprattutto siate le benvenute voi, Religiose della Compagnia di Santa Teresa del Gesù, che siete giunte qui con le vostre attuali ed ex alunne, provenienti da diversi luoghi e Paesi d’Europa, Africa, America, per offrire un caloroso omaggio di devozione e rinnovata fedeltà al vostro Padre fondatore.

Permettetemi tuttavia di riservare una parola di saluto particolare ai rappresentanti della diocesi di Tortosa, e più concretamente a quelli del piccolo villaggio di Vinebre, culla di questa ammirevole figura di uomo e di sacerdote, che la Chiesa propone oggi alla nostra imitazione.

2. Sì, il Beato Enrique de Ossó ci offre una viva immagine del sacerdote fedele, perseverante, umile e coraggioso di fronte alle contrarietà, distaccato da ogni interesse, ricolmo di zelo apostolico per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, attivo nell’apostolato e contemplativo nella sua straordinaria vita di preghiera.

E non era facile l’epoca in cui visse, in una Spagna divisa dalle guerre civili del XIX secolo e alterata da movimenti laicisti e anticlericali che volevano una trasformazione politica e sociale, dando persino origine a sanguinosi episodi rivoluzionari. Egli tuttavia seppe mantenersi fermo ed intrepido nella sua fede, nella quale trovò ispirazione e forza per proiettare la luce del suo sacerdozio sulla società del tempo. Con chiara coscienza di ciò che era la sua missione come uomo di Chiesa, che amava profondamente, senza mai cercare protagonismi umani in campi che erano estranei alla sua condizione, in una apertura a tutti senza distinzione, per migliorarli ed elevarli a Cristo. Riuscì nel suo proposito: “Sarò sempre di Gesù, suo ministro, suo apostolo, suo missionario di pace e di amore”.

I trenta scarsi anni della sua vita sacerdotale diedero luogo ad un continuo sviluppo di imprese apostoliche ben meditate e generosamente eseguite, con una impressionante fiducia di Dio.

La sua fu un’esistenza fatta preghiera continua, che nutriva la sua vita interiore e che formava parte di tutta la sua opera. Alla scuola della grande Santa di Avila comprende che la preghiera, questo “segno di amicizia” con Dio, è il mezzo necessario per conoscersi e vivere secondo verità, per crescere nella coscienza di essere figli di Dio, per crescere nell’amore. È inoltre un mezzo efficace per trasformare il mondo. Per questo sarà anche un apostolo ed un pedagogo della preghiera. A quante anime insegnò a pregare con la sua opera il “Quarto d’ora di preghiera”!

Questo fu il segreto della sua grande vita sacerdotale, ciò che gli diede allegria, equilibrio e forza; ciò che fece sì che lui, sacerdote, servitore e ministro di tutti, che soffriva con tutti, amava e rispettava tutti, si sentisse fortunato per essere ciò che era, cosciente di avere nelle sue mani dei doni ricevuti dal Signore per la redenzione del mondo, doni che, sebbene piccolo ed indegno, offriva dall’infinita superiorità del mistero di Cristo, e che colmavano la sua anima di una gioia ineffabile. Una testimonianza ed una lezione di vita ecclesiale con piena validità per il sacerdote di oggi, che solamente nel Vangelo, nell’esempio dei Santi e negli insegnamenti e nelle norme della Chiesa, e non in suggerimenti e teorie strane, può trovare l’orientamento sicuro per conservare la sua identità, per realizzarsi con pienezza.

Una volta ancora desidero esortare, in questa splendida occasione, i miei amati fratelli sacerdoti perché offrano a Cristo il dono totale della propria vita, vissuto gioiosamente nel celibato per il Regno dei Cieli e nel servizio generoso per i fratelli, soprattutto per i più poveri, attraverso una vita concentrata nel proprio mistero pastorale, cioè nella missione specifica della Chiesa, caratterizzata da questo stile evangelico che esposi nella mia Lettera del Giovedì Santo, e di cui parlai nuovamente nei miei graditissimi incontri con i presbiteri, durante il mio recente viaggio apostolico.

3. Se volessimo segnalare ora uno dei tratti più caratteristici della fisionomia apostolica del nuovo Beato, potremmo dire che fu uno dei più grandi catechisti del XIX secolo, cosa che lo rende assai attuale in questo momento in cui la Chiesa riflette – come ha fatto anche nell’ultima sessione del Sinodo dei Vescovi – sul dovere di catechizzare, che spetta a tutti i suoi figli.

Come catechista geniale, si distinse per i suoi scritti e per la sua opera pratica; attento a far conoscere, adeguatamente ed in sintonia con il Magistero della Chiesa, il contenuto della fede, ed aiutare a viverlo. I suoi metodi attivi gli permisero di anticipare conquiste pedagogiche posteriori. Ma soprattutto, l’obiettivo che si ripropose fu quello di insegnare e risvegliare l’amore per Dio, per Cristo, e per la Chiesa, che è il centro della missione del vero catechista.

In questa missione sono presenti tutti i campi: quello dell’infanzia, con i suoi indimenticabili catechisti a Tortosa (“per i fanciulli al cuore degli uomini”); quello del mondo giovanile, con le Associazioni dei giovani, che ebbero grande diffusione; quello della famiglia, con i suoi scritti di propaganda religiosa, in modo particolare la Rivista Teresiana; quello operaio, a cui cercò di fare conoscere la dottrina sociale della Chiesa; quello dell’istruzione e della cultura in cui, correggendo la mentalità dell’epoca, lottò per assicurare la presenza dell’ideale cattolico nella scuola, a tutti i livelli, incluso quello universitario. Si dedicò instancabilmente al ministero della parola parlata, attraverso la predicazione, e della parola scritta, attraverso la stampa come mezzo di apostolato.

4. Ma nel suo impegno catechizzatore, la sua opera prediletta, che consumò la maggior parte di energie, fu la fondazione della Compagnia di Santa Teresa del Gesù.

Per estendere la portata della sua azione nel tempo e nello spazio; per entrare nel cuore della famiglia; per servire la società in un’epoca in cui la cultura cominciava ad essere indispensabile, chiamò accanto a sé donne che potessero aiutarlo nella sua missione, e si donò all’impegno di prepararle con cura. Con costoro diede inizio al nuovo Istituto, si sarebbero distinte per questi caratteri: come figlie del nostro tempo, la stima dei valori della cultura; come consacrate a Dio, il loro dono totale al servizio della Chiesa; come stile proprio di spiritualità, l’assimilazione della dottrina e l’esempio di Santa Teresa del Gesù.

Potremmo dire che la Compagnia di Santa Teresa del Gesù fu, ed è ancora, come la grande catechesi organizzata dal Beato Ossó per giungere alla donna, e per suo mezzo infondere nuova vitalità nella società e nella Chiesa.

Figlie della Compagnia di Santa Teresa: lasciatemi dire che mi compiaccio nel vedere che vi mantenete fedeli al vostro carisma, in un rinnovamento richiesto dal momento attuale, alla luce degli orientamenti del Concilio Vaticano II e dell’Esortazione Apostolica Evangelica Testificatio del mio predecessore Paolo VI. D’accordo con il mandato del vostro Fondatore e lo spirito della grande Santa di Avila, siate generosi nella vostra donazione totale a Cristo, per poter dare grandi frutti nei Paesi di missione. Che tutta la vostra condotta rifletta la ricchezza di una vita interiore in cui la rinuncia è amore; il sacrificio, efficacia apostolica; la fedeltà, accettazione del mistero che vivete; l’obbedienza, elevazione soprannaturale; la verginità, donazione allegra agli altri per il Regno dei cieli. Siate davanti al mondo, anche con i segnali esterni, una testimonianza viva di grandi ideali realizzati, catechizzando, evangelizzando sempre con la parola e con l’azione apostolica; siate una prova di come, oggi come ieri, valga la pena di non tarpare le ali del proprio spirito per dare al mondo attuale – che tanto ne ha bisogno e lo cerca, a volte senza saperlo – la serenità della fede, la gioia nella speranza, la felicità nel vero amore. Vale la pena di vivere per questo; vivere così la propria vocazione di donna e di religiosa. Ad imitazione della Vergine Maria, alla quale il vostro Fondatore professò una così dolce devozione.

5. Per il cristiano di oggi, che vive in un ambiente di ricerca accelerata di un nuovo ideale di uomo, il Beato Enrique de Ossó, l’educatore cristiano, lascia un messaggio. Quest’uomo nuovo che cerca, non potrà essere autenticamente tale senza Cristo, il Redentore dell’uomo. Dovrà coltivarlo, educarlo, renderlo ogni volta più degno nei suoi polivalenti aspetti umani, ma occorre anche catechizzarlo, aprirlo ad orizzonti spirituali e religiosi, dove trovi la sua proiezione di eternità, come figlio di Dio e cittadino del suo mondo che supera il presente.

Che ampio campo si apre per l’impegno generoso a padri e madri di famiglia; ai responsabili e professori in collegi ed istituzioni per l’insegnamento, soprattutto della Chiesa – che dovrebbero continuare ad essere, con il dovuto rispetto per tutti, centro di educazione cristiana –, a molte delle vostre ex alunne dei collegi della Compagnia di Santa Teresa, che sono ancora accanto alle loro maestre di un tempo; a tante altre anime che, da posti di lavoro diversi, privati o pubblici, possono contribuire all’elevazione culturale e umana degli altri e alla loro formazione nella fede! Siate coscienti delle vostre responsabilità e possibilità di fare del bene.

6. Concludo queste riflessioni dedicando un cordiale saluto ai membri della Missione speciale inviata qui dal Governo spagnolo. Chiedo a Dio che la tradizione cattolica della Nazione spagnola, di cui tanto parlò e scrisse il nuovo Beato, serva da stimolo nella attuale fase della sua storia, e possa raggiungere mete superiori, guardando decisamente al futuro, ma senza dimenticare, più ancora cercando di conservare e ravvivare, l’essenza cristiana del passato, affinché il presente sia un’epoca di pace, di prosperità materiale e spirituale, di speranza in Cristo Salvatore."

St John Paul II's homily at the canonization of Enrique de Ossó i Cervelló
Plaza de Colón, Madrid, Wednesday 16th June 1993 - also in Italian 

"“Vosotros sois la sal de la tierra...
Vosotros sois la luz del mundo” (Mt 5, 13-14).

1. Estas palabras del Señor resuenan con toda su fuerza y grandeza cada vez que la Iglesia se reúne para celebrar el don de la santidad en uno de sus hijos. Resuenan hoy, de manera especial, en esta gran asamblea, que, junto con el Obispo de Roma, se congrega como “linaje escogido, sacerdocio real, nación consagrada, pueblo adquirido por Dios para proclamar las obras del que os llamó de las tinieblas a su luz admirable” (1P 2, 9). Aquí está, en efecto, el pueblo santo de Dios, llamado a ser, por la gracia divina, sal de la tierra y luz del mundo.

Testigo de la luz divina fue el beato Enrique de Ossó y Cervelló, a quien la Iglesia eleva hoy a la gloria de la santidad y lo propone como modelo al pueblo cristiano. La Iglesia universal se alegra y se goza con este hijo suyo que, fiel a la llamada de Dios, entendió que «la aportación primera y fundamental a la edificación de la misma Iglesia en cuanto “comunión de los santos”» (Christifideles laici, 17) era su propia santidad. La semilla de santidad que recibió en el bautismo, maduró, dio fruto y fue devuelta a la Iglesia enriquecida con su carisma personal.

2. Cuál fue este carisma? Cuál fue el don recibido de Dios que fructificó en la vida del nuevo santo? Las lecturas bíblicas que han sido proclamadas nos dan la respuesta justa a estas preguntas. Enrique de Ossó buscó y encontró la sabiduría; la prefirió a los cetros, a los tronos y a la riqueza (Sb 7, 8). Desde su juventud, al abandonar la casa paterna, refugiándose en el monasterio de Montserrat, sintió que Dios le llamaba para hacerle partícipe de su amistad (cf. ibíd. 7, 14). Seducido por la luz que no tiene ocaso (cf. ibíd. 7, 10), encontró “el tesoro inagotable” (cf. ibíd. 7, 14) y lo dejó todo por poseerlo (cf Mt 13, 44-46). Su padre quería que fuera comerciante; y él, como el comerciante de la parábola evangélica, prefirió la perla de gran valor, que es Jesucristo. El amor a Jesucristo le condujo al sacerdocio, y en el ministerio sacerdotal Enrique de Ossó encontró la clave para vivir su identificación con Cristo y su celo apostólico. Como “buen soldado de Cristo Jesús” (2Tm 2, 3) tomó parte en los trabajos del evangelio y encontró fuerzas en la gracia divina para comunicar a los demás la sabiduría que había recibido. Su vida fue, en todo momento, contacto íntimo con Jesús, abnegación y sacrificio, generosa entrega apostólica.

3. Además del sacerdocio supo desarrollar su gran vocación a la enseñanza. No sólo hizo descubrir a otros la sabiduría escondida en Cristo, sino que sintió la necesidad de formar personas “capaces a su vez de enseñar a otros”, según la expresión de san Pablo a Timoteo (2Tm 2, 2). La Compañía de Santa Teresa de Jesús, fundada por él, no tiene otro fin que conocer y amar a Cristo, y así hacer que sea conocido y amado por los demás. El carisma de vuestro Fundador, amadas religiosas, sigue vivo en vosotras. La celebración de hoy es una invitación que el Señor os dirige para que continuéis vuestro fecundo servicio eclesial desde la santidad de vida y empeño apostólico, sobre todo a través de la enseñanza y formación de la juventud.

De la mano de Teresa de Jesús, Enrique de Ossó entiende que el amor a Cristo tiene que ser el centro de su obra. Un amor a Cristo que cautive y arrebate a los hombres ganándolos para el evangelio. Urgido por este amor, este ejemplar sacerdote, nacido en Cataluña, dirigirá su acción a los niños más necesitados, a los jóvenes labradores, a todos los hombres, sin distinción de edad o condición social; y, muy especialmente, dirigió su quehacer apostólico a la mujer, consciente de su capacidad para transformar la sociedad: “El mundo ha sido siempre –decía– lo que le han hecho las mujeres. Un mundo hecho por vosotras, formadas según el modelo de la Virgen María con las enseñanzas de Teresa” (Enrique de Ossó y Cervelló, Escritos, t. I, Barcelona, 1976, 207). Este ardiente deseo de que Jesucristo fuera conocido y amado por todo el mundo hizo que Enrique de Ossó centrase toda su actividad apostólica en la catequesis. En la cátedra del Seminario de Tortosa, o con los niños y la gente sencilla del pueblo, el virtuoso sacerdote revela el rostro de Cristo Maestro que, compadecido de la gente, les enseñaba el camino del cielo.

Su espíritu está marcado por la centralidad de la persona de Jesucristo. “Pensar, sentir, amar como Cristo Jesús; obrar, conversar y hablar como Él; conformar, en una palabra, toda nuestra vida con la de Cristo; revestirnos de Cristo Jesús es nuestra ocupación esencial” (Ibíd., t. III, Barcelona, 1976, 456). Y junto a Cristo, profesaba una piedad mariana entrañable y profunda, así como una admiración por el valor educativo de la persona y la obra de Santa Teresa de Jesús.

4. Avui és un dia gran per a l’Església, arreu del món, però a Espanya en primer lloc. Ho és especialment per a vosaltres, els tortosins. Un fill de l’entranyable terra catalana és proclamat sant; queda incorporat d’aquesta manera a la llarga corrua de sants i beats que són signe eloqüent de la riquesa espiritual d’aquest poble cristià.

Espanya pot gloriar–se, certament, d’una magnífica història de santedat; és cert però igualment que, en els nostres dies, per afrontar amb decisió i esperança el repte del futur, aquest país necessita retornar a les seves arrels cristianes.

Avui més que mai es pot percebre la necessitat de Déu. A mesura que la visió de la vida es secularitza, la societat es deshumanitza encara més, perquè es perd la perspectiva justa de les relacions entre els homes; quan es debilita la dimensió trascendent de l’existència, s’empetiteix el sentit de les relacions personals i de la història, i es posa en perill la dignitat i la llibertat de la persona humana, que només té Déu, el seu Creador, com a font i com a terme.

5. Por ello, en esta celebración litúrgica, que ve reunidos a tan gran número de personas de la Archidiócesis de Madrid y de las diócesis de Alcalá y Getafe, de la diócesis de Tortosa, patria del nuevo santo, y de las demás diócesis catalanas, así como de otros muchos lugares de la querida España, quiero dirigir un especial mensaje de aliento y esperanza a las familias españolas. A ellas, que son los santuarios del amor y de la vida (Centesimus annus, 39), las exhorto a ser verdaderas “ iglesias domésticas ”, lugar de encuentro con Dios, centro de irradiación de la fe, escuela de vida cristiana. “El futuro de la humanidad se fragua en la familia; por consiguiente, es indispensable y urgente que todo hombre de buena voluntad se esfuerce por salvar y promover los valores y exigencias de la familia” (Familiaris consortio, 86). Son bien conocidos los problemas que en nuestros días asedian al matrimonio y a la institución familiar; por eso, es necesario presentar con autenticidad el ideal de la familia cristiana, basado en la unidad y fidelidad del matrimonio, abierto a la fecundidad, guiado por el amor. Y cómo no expresar vivo apoyo a los reiterados pronunciamientos del Episcopado español en favor de la vida y sobre la ilicitud del aborto? Exhorto a todos a no desistir en la defensa de la dignidad de toda vida humana, en la indisolubilidad del matrimonio, en la fidelidad del amor conyugal, en la educación de los niños y de los jóvenes siguiendo los principios cristianos, frente a ideologías ciegas que niegan la transcendencia y a las que la historia reciente ha descalificado al mostrar su verdadero rostro.

6. Que en el seno de los hogares cristianos, los jóvenes, que son la gran fuerza y esperanza de un pueblo, puedan descubrir ideales altos y nobles que satisfagan las ansias de sus corazones y les aparte de la tentación de una cultura insolidaria y sin horizontes que conduce irremediablemente al vacío y al desaliento. La educación de los niños y jóvenes, queridos hermanos y hermanas, sigue teniendo una importancia fundamental para la misión de la Iglesia y para la misma sociedad civil. Por eso es preciso que los padres y madres cristianos sigan afirmando y sosteniendo el derecho a una escuela católica, auténticamente libre, en la que se imparta una verdadera educación religiosa y en la que los derechos de la familia sean convenientemente atendidos y tutelados. Todo ello redundará en beneficio del bien común, ya que la instrucción religiosa contribuye a preparar ciudadanos dispuestos a construir una sociedad que sea cada vez más justa, fraterna y solidaria.

Jóvenes que me escucháis: dejadme repetiros lo que ya os dije en Santiago de Compostela, en la Jornada Mundial de la Juventud: “¡No tengáis miedo a ser santos!”. Seguid a Jesucristo, que es fuente de libertad y de vida. Abríos al Señor para que Él ilumine todos vuestros pasos. Que Él sea vuestro tesoro más querido; y si os llamara a una intimidad mayor en la vida sacerdotal o religiosa, no cerréis vuestro corazón. La docilidad a su llamada no mermará en nada la plenitud de vuestra vida: al contrario, la multiplicará, la ensanchará hasta abrazar con vuestro amor los confines del mundo. ¡Dejaos amar y salvar por Cristo, dejaos iluminar por su poderosa luz! Así seréis luz de vida y de esperanza en medio de esta sociedad.

7. Estamos celebrando esta Eucaristía en la Plaza dedicada a Colón, el descubridor de América. Los monumentos que nos rodean recuerdan aquel encuentro de dos mundos, en el que jugó un papel tan decisivo la fe católica. En el marco de la conmemoración del V Centenario de la Evangelización de América, el 12 de octubre pasado, en Santo Domingo, y junto con todo el Episcopado Latinoamericano, quise dar gracias a Dios una vez más por “la llegada de la luz que ha alumbrado de vida y esperanza el caminar de los pueblos que, hace ahora quinientos años, nacieron a la fe cristiana” (Homilía de la misa para la conmemoración del V Centenario de la evangelización de América, n. 3, 11 de octubre de 1992). Aquel descubrimiento, que cambió la historia del mundo, fue una apremiante llamada del Espíritu a la Iglesia, y especialmente a la Iglesia española, que supo responder generosamente con ferviente ardor misionero. También hoy se hace apremiante la nueva evangelización, para renovar la riqueza y vitalidad de los valores cristianos en una sociedad que da muestras de desorientación y desencanto. Es necesario, pues, una acción evangelizadora que fomente las actitudes cristianas de mayor autenticidad personal y social, y en la que participen todos los miembros de las comunidades eclesiales. En esta solemne ceremonia de canonización del sacerdote Enrique de Ossó, hay que resaltar que la nueva evangelización a la que estamos llamados ha de tener como primer objetivo el hacer vida entre los fieles el ideal de santidad. Una santidad que se manifieste en el testimonio de la propia fe, en la caridad sin límites, en el amor vivido y ejercido en las actividades de cada día.

8. Por ello, con la fuerza del amor que irradia de los santos y la esperanza cristiana que nos llena de gozo, dirijo mi llamada a la Iglesia de España: Renueva en ti la gracia del bautismo, ábrete de nuevo a la luz. Es la hora de Dios, no la dejes pasar. No permitas que la sal se vuelva insípida, pues entonces, como dice el Señor, “no sirve para nada, sino para que la pisen los hombres” (Mt 5, 13). ¡Sé, también hoy, una Iglesia, que en virtud del testimonio de sus santos, muestre a todos el camino de la salvación! Abrid vuestras vidas a la luz de Jesucristo; buscadle donde Él está vivo: en la fe y en la vida de la Iglesia, en el rostro de los santos. Que, a imitación y ejemplo de san Enrique de Ossó, seáis sal de la tierra y luz del mundo, para que los hombres “vean vuestras buenas obras y den gloria a vuestro Padre que está en los cielos” (Mt 5, 16). Amén."


(Al final de la Celebración eucarística el Santo Padre si dirige uan vez más a los numerosos fieles presentes en la Plaza de Colón con estas palabras.)

"Madrileños y españoles, un gran agradecimiento, un gran agradecimiento a Dios por todas las riquezas de vuestra historia humana y cristiana, por todas. Un agradecimiento especial por este Congreso Eucarístico Internacional que se celebró en Sevilla. Eucaristía y Evangelización, un agradecimiento después de 500 años por la evangelización de América, un agradecimiento a Dios, a Cristo Jesús, al Espíritu Santo, por vuestros Santos y Beatos a través de Santa Teresa de Jesús, San Juan de la Cruz, y hoy San Enrique de Ossó. Un agradecimiento por vuestra acogida cordial al Papa. ¡Muchas gracias! Hasta la próxima vez, hasta la próxima vez en los caminos de la nueva evangelización. En el nombre del Padre, del Hijo y del Espíritu Santo. Amén."